Diritti d’immagine e società estere: le norme anti-abuso francesi alla prova delle strutture patrimoniali degli sportivi
La Corte amministrativa d’appello di Parigi ha escluso l’applicazione del meccanismo anti-abuso francese a una società estera incaricata della gestione dei diritti d’immagine di un atleta fiscalmente residente in Francia. Ritenendo che il criterio determinante per valutare la natura degli attivi detenuti fosse il loro valore venale alla data del cambiamento di residenza fiscale, la Corte ha riconosciuto che i diritti d’immagine costituivano l’attivo principale della società, escludendo così la tassazione dei relativi redditi in Francia.
Una società panamense svelata in fase di rettifica: i diritti d’immagine al centro del dibattito fiscale
Nel corso di un controllo fiscale sui redditi percepiti nel 2015, il calciatore professionista Angel Di Maria e la moglie sono stati invitati a presentare una dichiarazione rettificativa. In tale occasione, è emersa l’esistenza di una società costituita a Panama, interamente detenuta dal giocatore, attraverso la quale venivano incassati i proventi derivanti dalla concessione commerciale dei suoi diritti d’immagine.
A seguito di questa rivelazione, l’amministrazione fiscale francese ha notificato una nuova proposta di rettifica, invocando questa volta il regime anti-abuso volto a tassare in Francia i redditi realizzati da entità estere controllate da contribuenti fiscalmente residenti.
Il meccanismo si applica quando ricorrono tre condizioni cumulative:
– Una persona fisica residente in Francia detiene, direttamente o indirettamente, almeno il 10% del capitale di una società estera;
– La società è soggetta a un regime fiscale privilegiato;
– Gli attivi della società sono prevalentemente di natura finanziaria (ad esempio, investimenti o disponibilità liquide).
Se tali condizioni sono soddisfatte, i redditi dell’entità estera si considerano imputabili personalmente al contribuente residente, che deve dichiararli come propri, con una maggiorazione forfettaria del 25% ai fini del calcolo dell’imposta. In assenza di chiusura di esercizio, tali redditi si considerano acquisiti al 31 dicembre, anche se la residenza fiscale in Francia è stata assunta nel corso dell’anno.
Nel caso specifico, il sig. Di Maria è divenuto residente fiscale francese il 6 agosto 2015. Di conseguenza, aveva dichiarato solo i redditi percepiti dalla società successivamente a tale data. L’amministrazione ha invece tentato di assoggettare a tassazione l’intero ammontare dei redditi del 2015, pari a circa 2,78 milioni di euro, sulla base delle disposizioni anti-abuso.
Valore contabile o valore venale? La chiave di volta per valutare la natura degli attivi
In primo grado, il Tribunale amministrativo di Parigi ha accolto il ricorso di Angel Di Maria e della moglie, annullando le rettifiche fiscali senza approfondire le condizioni di applicazione della norma anti-abuso. I giudici hanno ritenuto che non vi fosse alcuna costruzione artificiale idonea a giustificare il ricorso al regime. A sostegno di questa conclusione, hanno sottolineato che i redditi percepiti dalla società panamense erano stati dichiarati spontaneamente e nei termini, e che la società era stata costituita nel 2009, sei anni prima del trasferimento in Francia.
In appello, la Corte amministrativa d’appello di Parigi, seguendo le osservazioni del commissario del governo (rapporteur public), ha riportato il dibattito sulle condizioni sostanziali di applicazione del regime, con particolare attenzione alla natura dell’attivo della società estera.
L’amministrazione fiscale sosteneva che la composizione dell’attivo dovesse essere valutata in base al valore contabile netto, cioè il valore iscritto a bilancio alla chiusura di ciascun esercizio. Questa impostazione trova fondamento nei testi regolamentari vigenti e nella prassi amministrativa.
I contribuenti, per contro, sostenevano che dovesse considerarsi il valore venale degli attivi – ovvero il loro valore effettivo di mercato – in particolare per valutare il peso economico dei diritti d’immagine del giocatore.
A sostegno di questa tesi, Angel Di Maria ha prodotto una perizia indipendente che stimava il valore dei suoi diritti d’immagine a 9,3 milioni di euro al 31 dicembre 2015. Alla stessa data, il valore contabile registrato nel bilancio della società panamense era di soli 1,5 milioni di euro. Tale scarto ha modificato in modo significativo l’analisi: considerando il valore venale, gli attivi finanziari risultavano largamente minoritari, scendendo sotto la soglia del 50%, con la conseguente inapplicabilità del regime anti-abuso.
Prevale l’approccio economico: la CAA di Parigi accoglie la valutazione al valore venale
In modo inaspettato, la Corte amministrativa d’appello di Parigi ha accolto le argomentazioni del contribuente. Nella sua decisione, ha evidenziato che il ministro non aveva contestato la valutazione indipendente prodotta dal giocatore, limitandosi a richiamare il valore contabile dei diritti d’immagine risultante dai conti della società. Eppure, come osservato dalla Corte, nel solo anno 2015 la società aveva percepito 2,88 milioni di euro per la concessione commerciale di tali diritti.
Questo scarto evidente tra il valore contabile originario e i ricavi effettivamente generati dall’utilizzo economico dei diritti ha chiaramente influenzato la decisione dei giudici. Dimostra come il valore reale dell’attivo si fosse sensibilmente evoluto rispetto alla data di registrazione a bilancio, rendendo poco credibile il ricorso esclusivo al valore storico per qualificarne la natura.
Il commissario del governo ha inoltre richiamato un precedente del Consiglio di Stato relativo al carattere animatore di una holding. In tale occasione, il Consiglio aveva sottolineato che le valutazioni contabili, da sole, non consentono una rappresentazione fedele della natura dell’attività di una società, essendo influenzate da regole di prudenza e dall’obbligo di iscrizione al costo storico, con il rischio di significative divergenze rispetto al valore economico reale.
Questo ragionamento, applicato al caso di specie, ha rafforzato l’idea che il solo riferimento ai dati contabili non fosse sufficiente per ritenere l’attivo della società come «prevalentemente finanziario».
Avendo il ministro proposto ricorso, si attende ora con grande interesse la posizione del Consiglio di Stato, in particolare sulla possibilità di considerare il valore venale di un attivo ai fini della verifica della preponderanza finanziaria richiesta dal regime anti-abuso.
Sandro Assogna, Avocat al Barreau de Paris e fondatore di Taxlhab